D i s c h i d e l l a S e t t i m a n a :
A n t r y - “ D e v i l D o n ‘ t C a r e “ ( Tres Lobas )
Non ancora diciottenne, Steve Antry scopre il blues e il suono dell’ armonica lavorando
come riparatore di binari per le Ferrovie di Tulsa , Oklahoma, la sua città natale. In seguito
molto sport ( arti marziali e hockey su ghiaccio ) e un lungo periodo di apprendistato nei
cori gospel locali, dove affina e perfeziona le notevoli qualità vocali –tre ottave di estensione-
e approfondisce la crescente fede religiosa. Ma la carriera artistica stenta a decollare e viene soffocata dall’ attività di uomo d’ affari e dalle responsabilità di padre di famiglia.
Provvidenziale, due anni or sono – l’ incontro con il produttore Peter Carson, che lo sprona
verso il tanto sospirato debutto. “Devil Don’ t Care”, inciso a Nashville con musicisti di
provata esperienza, è una piacevolissima rivelazione e si muove su un terreno dove gospel e
blues sono perfettamente complementari, pur concedendo generosi spazi a rock, pop e
sofisti-soul. Soprattutto ballate e tempi medio-lenti, che provengono dai songbooks di Gary
Nicholson, Leon Russell, Frankie Miller e Babyface, tra gli altri, e permettono alla voce di
Antry di rifulgere e svettare con la sua limpida e matura bellezza. Tra i nomi di pregio coinvolti nell ‘operazione, ci preme menzionare Dan Dugmore, formidabile suonatore di
“steel”, il giovane chitarrista rock-blues Anthony Gomes e l’ ex-vocalist dei Little Feat,
Shawn Murphy, che affianca Antry in tre titoli e si ritaglia spazi privilegiati nelle intense
“Prince of Peace” e “Get Up”.
C h r i s B a d N e w s B a r n e s - “ H o k u m B l u e s “ ( VizzTone)
Umorista satirico e pungente “comedian” con una lunga stringa di partecipazioni al
“Saturday Night Live”, “Chris “Bad News” (= “Brutte Notizie” ) Barnes è anche un bluesman
ormai molto apprezzato. Per questo atteso secondo album, che arriva a due anni di distanza dal brillante esordio di “90 Proof Truth”, Barnes focalizza la propria attenzione sul
cosiddetto “Hokum Blues”, genere molto popolare tra gli anni ’20 e ‘30 del secolo scorso,
per opera di bluesmen del calibro di Tampa Red, Georgia Tom e Big Bill Broonzy, detti proprio The Hokum Boys. Con testi ai limiti della decenza, che rigurdavano quasi sempre
aspetti scabrosi come gioco d’ azzardo, alcolismo, sessualità non solo etero e prostituzione,
l’ “hokum blues” visse un periodo particolarmente felice nell’ America del Proibizionismo e
della Grande Depressione. E Barnes, a proprio agio su questo terreno molto favorevole al
suo stile, interpreta con entusiasmo e irresistibile senso dell’ umorismo questa “old time
music” imbevuta di blues e più che mai fresca e contagiosa. Insieme a lui in questo esilarante viaggio nel passato , una formazione di straordinario valore, con autentici fuoriclasse del panorama newyorkese. Vale a dire Steve Guyger ( armonica ), Jimmy Vivino
( chitarra ) , Bette Sussman ( piano ), Will Lee ( basso ) e Shawn Pelton ( batteria ). Band da
brividi per un programma da gustarsi tutto d‘ un fiato. “You gotta hook ‘em with the Hokum ! “…Parola di W. C. Handy !
A n d r e w C h a p m a n a.k.a. J o J o - “ Well, It’ s About Time ! “ (UpIsland)
Questo disco – l’ esordio dell’ attempato texano Andrew Chapman – ha il sapore di una vera
e propria rimpatriata tra vecchi amici e di un filo diretto tra Texas e California. Incontratisi
per la prima volta in un piccolo club di Houston ad un concerto dei fratelli Winter, gli amici
di Chapman detto Jo Jo, sono soprattutto il bassista Terry Wilson e il batterista Tony Branaugel, ormai da tempo naturalizzati californiani. Nel 1972, come The Bloontz All Stars,
incisero un album e fecero da spalla all’ eroe locale Johnny Nash, giusto nel periodo del suo hit mondiale “I Can See Clearly Now”. Poi il gruppo si sciolse e Jo Jo, insofferente nei
confronti dell’ industria musicale e delle sue regole spietate, si ritrovò ad occuparsi di
tutt’ altre faccende. Ma il feeling con la musica si risveglia in tempi recenti e gli amici di sempre, che non avevano mai abbandonato la scena, sono pronti ad accoglierlo a braccia
aperte e a stendergli un tappeto rosso per questo debutto tanto sospirato. E come recita il
titolo e ribadisce Wilson nelle note di copertina, è arrivato il “momento giusto” per sviluppare il “progetto Jo Jo”. Registrato in differenti località ( L.A., Londra, Houston, Nashville e Mobile, Alabama ), l’ album s’ impone alla nostra attenzione per il suo spigliato
e convincente passo rock, con profonde venature soul, blues, funk e pop. La “songlist”,
costituita soprattutto da brani dello stesso Chapman, di Wilson e Shake Russell con
l’ innesto di qualche “cover”, risulta molto piacevole, con aperture melodiche di sicuro impatto. Bentornato Jo Jo !
T h e S h e r m a n H o l m e s P r o j e c t - “ The Richmond Sessions “ ( MC )
Il 2015 è stato un anno terribile per l’ anziano Sherman Holmes, con la scomparsa del
fratello Wendell e dell’ amico Posy Dixon, compagni di viaggio per quasi mezzo secolo nella
straordinaria avventura degli Holmes Brothers. L’ affiatato trio, a partire dal folgorante e
tardivo esordio di “In The Spirit” (1980 –Rounder ) si era conquistato la simpatia del mondo
intero ( Peter Gabriel, Willie Nelson, Van Morrison, Odetta, Bill Clinton…) , con quel verace
e sanguigno impasto di blues, gospel, country, soul e doo-wop, servito in uno stile fresco e
originale. Il colpo è stato devastante , ma Sherman ha saputo reagire con coraggio e , grazie
al prezioso apporto di formidabili artisti della Virginia, sua terra d’ origine, firma a 77 anni il primo meraviglioso album solista. L’ idea iniziale di un ritorno alle radici virginiane era
nata nel 2014, quando il trio fu invitato a Richmond da Jon Lohman, musicologo e direttore del Virginia Folklife Program, a partecipare a una serie di stages con giovani musicisti locali. I concerti ebbero un successo inaspettato e in quelle serate furono gettate le basi per un vero progetto di collaborazione musicale. “The Richmond Sessions” è lo stupendo risultato finale di questo lavoro comune. Un album che ripropone la genuina mistura di bluegrass, ruspante r’n’r, gioioso gospel, country e folk. Insomma, lo stile degli
Holmes Bros., con qualche piccola aggiunta. Il programma è incredibilmente ricco e variegato, con tre brani tradizionali e , soprattutto, canzoni di autori molto noti
( V.Gill, J.Fogerty, B.Harper, D.Penn, Holland-Dozier-Holland…). Joan Osborne, amica di
vecchia data degli Holmes, si unisce a Sherman per una stupenda versione di “Dark End Of
The Street”, brano principe del soul sudista; mentre il trio gospel delle Ingramettes fornisce
un tappeto vocale da favola per tutto l’ arco dell’ opera e si supera nella emozionante e magica “Wide River”. America Roots Music a livelli celestiali. Cinque stelle ampiamente meritate e forse qualcosa in più…
L e A l t r e N o v i t à :
Andrea Marr, Ghalia & Mama’s Boys, Shelly Waters, Downchild, Albert Castiglia, Kelly Z,
Popa Chubby, Jimmy Carpenter, Wee Willie Walker & The Anthony Paule Soul Orchestra,
Andy T Band, Doug Schmude, Johnny Rawls, Jon Strider, Dan Zanes And Friends, Terry Robb, Susan Kane, Doug Macleod .
D a l P a s s a t o :
Grateful Dead, Hank Williams, The Wild Ones, Tampa Red, Ella Jenkins .
B e n v e n u t i A B o r d o !